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L’Estate al Centro al Nido di Guardea

L’Estate al Centro al Nido di Guardea

L’Estate al Centro al Nido di Sismano

L’Estate al Centro al Nido di Sismano

L’estate al Centro ad Attigliano

L’estate al Centro ad Attigliano

L’estate al Centro a Lugnano in Teverina

L’estate al Centro a Lugnano in Teverina

L’estate al Centro ad Alviano

L’estate al Centro ad Alviano

L’estate al Centro a Narni Scalo

L’estate al Centro a Narni Scalo

L’estate al Centro a Stroncone

L’estate al Centro a Stroncone

Mattia Morelli – Andrà tutto bene, raccontiamo il nostro lavoro al tempo del coronavirus

«Achille, simbolo di rapidità, deve raggiungere la tartaruga, simbolo di lentezza. Achille corre dieci volte più svelto della tartaruga e le concede dieci metri di vantaggio. Achille corre quei dieci metri e la tartaruga percorre un metro; Achille percorre quel metro, la tartaruga percorre un decimetro; Achille percorre quel decimetro, la tartaruga percorre un centimetro; Achille percorre quel centimetro, la tartaruga percorre un millimetro; Achille percorre quel millimetro, la tartaruga percorre un decimo di millimetro, e così via all’infinito; di modo che Achille può correre per sempre senza raggiungerla».

Apro il mio racconto con questa spiegazione che ci da Borges di uno dei paradossi più famosi della storia filosofica occidentale.
Paradosso. La parola che per me descrive in modo più pieno questo mio momento di vita.
Non lavoro e per questo mi sento in colpa per i miei colleghi che invece hanno il carico di dover, per l’ennesima, volta reinventarsi. Non lavoro e mi sento in colpa per i miei colleghi che rischiano la loro salute ogni giorno. Non lavoro e mi sento fermo davanti a chi è costretto a muoversi.
Però, non lavoro e mi sento al sicuro.
Il paradosso fa più male dell’incertezza, quando soprattutto hai fatto dell’incertezza la tua migliore alleata.
Lavoro ormai da qualche anno al progetto del centro diurno Sottosopra. Questo rappresenta ed ha rappresentato per me umanamente e lavorativamente tanto. I suoi spazi, ma soprattutto i bambini e i ragazzi che lo frequentano hanno riempito le mie giornate di sfide e di tante risate. Penso ai miei colleghi, penso a tutte le difficoltà che abbiamo incontrato in questi anni e penso a quanta forza ci è voluta per riempire e riempire di nuovo quel posto di corse, strilli, balli, compiti, merende, pranzi, pianti e racconti. E penso nello stesso tempo a quanto ci è voluto poco per rendere quegli spazi vuoti. Mi rendo conto che non solo mi mancano le persone ma anche il profumo di legno di quel posto, i giocattoli alla rinfusa, i disegni “volanti”, il pongo per terra, i tappetini verdi. Tuttavia questo allontanamento e questa mancanza ci tengono al sicuro. In questo momento però, mi sono detto tra me e me che non avrebbe avuto senso combattere con tutto ciò. Non avrebbe avuto alcun senso combattere contro i mulini a vento (anche perchè più che Don Chisciotte della Mancia mi identifico in Sancho Panza). Allora ho deciso di affrontarlo questo paradosso e mi sono ricordato di come questo sia stato una delle analisi più prolifiche che mi siano state proposte per capire come funziona il cinema: il movimento è una serie infinita di momenti di stati messi l’uno vicino all’altro in modo che l’occhio non li percepisca, ma che invece diano il senso di movimento. Ho deciso per questo che ogni mio giorno, come una fotografia, se messo in relazione all’altro, potesse avere un senso nel pensare e rielaborare quel tempo vissuto di operatività che sembra ormai lontano, per pensare a fare un film ancora più bello di quello che abbiamo vissuto al centro in questi anni . Ma non solo. Il paradosso di Zenone mi ha insegnato che la trasformazione da Achille a tartaruga è dolorosa e spesso incomprensibile ma che anche muovendomi nel modo più lento che io possa, mi muovo. Tutto ciò non mi fa più sentire lontano dall’umanità lì fuori e soprattutto non mi fa sentire paradossale nei confronti dei miei colleghi. Mi fa pensare a un altra parola, bella e piena: metamorfosi. Allora che questo momento sia un momento di metamorfosi per tutti noi più o meno dolorosa, cambiamo insieme.

IL PEZZO DELLA SETTIMANA. Caro Socio/a (e anche caro/a Dipendente), invia (se vuoi) la tua proposta.
Se è buona (!) la trovi qui il prossimo lunedì.
(!) Le tesi sulla soggettività del gusto musicale sono tutte valide e trovano  ampio diritto di cittadinanza nelle “soundtrack” dei supermercati.

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CIPSS-COOPERATIVA-SOCIALE_23

Credits (Ph)

Ringraziamo Yan Krukau, Diigital Buggu, Marta Wave, Akil Mazumder, Zamazan Ataş, Japheth Mast, Keenan Constance, Charles Parker, Sharefaith, Cliff Booth, Brett Sayles, Pixabay, Kat Smith, Cameron Casey per la gentile concessione del materiale fotografico utilizzato per illustrare progetti e aree di intervento.

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